L’Uomo di Fede

Io non ho fede.

La fede è un dono e a me tale dono non è stato concesso e questo mi è fonte di rammarico, perché ritengo che una fede vera, vissuta e testimoniata sia uno straordinario navigatore gps, fondamentale per non perdersi nelle vie tortuose dell’esistenza, utilissimo per ottenere conforto per le scelte fatte e suggerimento per quelle ancora da fare.

Ieri a Udine ci è giunta la dolorosa notizia della morte di uno straordinario uomo di fede, don Pierluigi Di Piazza. Se navigo tra i profili Facebook trovo un sacco di gente che rivela l’intensità e l’esclusività di un rapporto costante e profondo con il sacerdote scomparso, al punto che mi chiedo come potesse – in una giornata di 24 ore – trovare il tempo per le moltissime e multiformi attività che hanno dato un senso così straordinario al suo magistero e contemporaneamente coltivare una tale quantità di relazioni variopinte e parimenti profonde. Mistero della fede.

Io non ero un amico di don Di Piazza. Ci ho parlato forse 4-5 volte, di solito in occasione di iniziative pubbliche durante le quali eravamo entrambi ospiti e la nostra conversazione ha sempre avuto le caratteristiche della cortesia generica tipica dei contesti sociali, pertanto la mia eccellente opinione sull’uomo e sul sacerdote si basa su quanto so del suo lavoro, il lavoro di tutta una vita, a sostegno degli umili, degli ultimi, del diritto delle genti, della solidarietà umana. Insomma un Vangelo vissuto e testimoniato giorno per giorno, con coerenza, coraggio e ostinazione, dando carne e sangue ai valori più profondi della religione cristiana: la solidarietà universale, la vicinanza alla sofferenza, l’apertura verso gli altri.

Ho letto un bel po’ di ricordi su Facebook, quasi tutti di amici o amiche di sinistra e una cosa mi sconcerta: il frequente tentativo di separare l’uomo dal sacerdote, quasi come se tutte le cose buone fatte da don Di Piazza nell’arco della sua vita non siano state compiute grazie alla sua fede cristiana, ma malgrado la sua fede cristiana. E quindi è tutto un distinguo, tutto un “non importa fosse un sacerdote, era soprattutto un grande uomo”…

In controluce il tentativo di declassare la fede a mero accidente privato, rimuovere il valore della testimonianza cristiana e ridurre la Chiesa Cattolica a un cesto di casi di corruzione, pedofilia e posizioni retrive su un qualche diritto civile. Perché nella sinistra de-ideologizzata credere in una struttura complessa e comportarsi di conseguenza – sia essa una ideologia o una religione – è considerato implicitamente negativo. Bisogna avere valori fluidi e liquidi per navigare nel generico progressismo globalizzato e multiculturale, che nega alla radice la differenza.

Però non solo è un errore, in quanto si trascura che la Chiesa è una realtà complessa, nella quale convivevano negli stessi anni la propensione alla malversazione di mons. Marcinkus e la propensione al martirio di mons. Romero ma è anche una profonda mancanza di riguardo verso don Di Piazza.

Cari compagni e compagne, don Di Piazza era soprattutto un uomo di fede. Profonda e vissuta interamente, al punto da consacrare ad essa – e al suo Dio che io non prego – la propria intera esistenza, con la scelta estrema e irrevocabile del sacerdozio. Mettere in secondo piano il suo essere prete vuol dire mancare di rispetto alla sua memoria, alla sua opera e alla sua stessa vita.

Addio, reverendissimo don Di Piazza, mancherà alla sua gente, alla sua terra, ai suoi fedeli. E mancherà anche a me, uomo senza fede, uomo che non ha avuto il privilegio di conoscerla troppo bene, ma che da anni osservava con ammirazione e affetto tutto il bene che ha fatto, giorno dopo giorno.

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4 risposte a L’Uomo di Fede

  1. nodders ha detto:

    Tenerissimo commento (e saggia critica/auto-critica alla sinistra progressista). Certo la Fede e’ un dono gratuito della Grazia, ma va cercata, non arriva da sola. Detto questo, tanti che credono di averla ricevuta non la mettono in pratica (e quindi la sprecano) e tanti che credono di non averla ricevuta forse gia’ ce l’hanno ma non se ne rendono conto (forse e’ nascosta sotto mentite spoglie, per pudore o timidezza). Entrambe le cose sono un rammarico, ma tendenzialmente ho piu’ cuore per chi si identifica nella seconda categoria.

    Non conoscevo Don Di Piazza, e a occhio e’ uno di quei preti santi che a me avrebbero ispirato tutto tranne che il paradiso (e non certo per colpa sua). Poi il Signore arriva dappertutto, anche se deve mandare un prete “cattivo” che parla solo d’inferno per aprire le porte del cielo. La Grazia opera miseriosamente: c’e’ il prete che tocca il cuore di milioni, quello che in tutta una vita riesce ad aiutare solo una persona. E quello che sperpera il bene fatto degli altri a proprio vantaggio. Che Dio li aiuti tutti, e certamente l’ultimo e’ quello che ne ha piu’ bisogno.

    Di preghiere ce ne sono di tanti tipi. Mica l’Onnipotente ascolta solo le Ave Marie delle vecchiette inginocchiate in qualche chiesa. Chissa’ magari anche i messaggi su un blog sperduto nel mare del web sono una preghiera. Dipende tutto dal cuore.

  2. marckuck ha detto:

    E’ un piacere rileggerti Nodders, un ricordo dei tempi brevissimi e gloriosi dei blog 🙂
    Il tuo commento mi ha fatto pensare una frase di Benedetto XVI che dice – grosso modo – “ai non credenti dico solo: comportatevi come se Dio esistesse”… mi pare che riassuma perfettamente la questione.

  3. nodders ha detto:

    E’ sempre un piacere leggerti. Blog sempre interessante, ben scritto, istruito ma mai saccente. Fossero tutti cosi’! *applausi*

    Rispetto alle parole del papa, a me viene da dire: “ai non credenti dico: immaginatevi che Dio esista e vi voglia conoscere (ed amare), come gli rispondereste?”. Il comportamento, che e’ pur sempre indicativo del carattere morale di una persona, e’ consequente. Conoscere Dio significa amarlo, ma amarlo non solo in senso stretto (nella sua persona) ma anche in tutto in cio’ che porta il segno di Dio: quindi chi ama la giustizia, la verita’, il bello, chi ama il creato, chi ama il suo prossimo, coloro che si spendono per la pace, praticano il perdono e aiutano l’umanita’ sulla via del bene, gia’ amano Dio implicitamente.

    La preghiera piu’ sincera che conosca io e’ “Signore, aiutami a credere”.

  4. simonedulio ha detto:

    Molto condivisibile. La parte in cui parla del “tentativo di declassare la fede a mero accidente privato” mi ha ricordato il celebre commento di Filippo Turati alla morte di Piergiorgio Frassati, il borghesissimo figlio del fondatore della Stampa che tornava a casa ghiacciato e a piedi perché il soprabito e i soldi per il tram erano andati ai poveri di Torino.
    Turati scriveva «Quando tutto ciò e manifestazione tranquilla e fiera del proprio convincimento e non esibizione ostentata per altri scopi, è bello e onorevole. Ma come si distingue la ”confessione” dalla ”affettazione“? Ecco la vita è il paragone delle parole e degli atti esteriori che valgono poco più delle parole Quel giovane cattolico era anzitutto un credente. Tra l’odio, la superbia e lo spirito di dominio e di preda, questo ”cristiano” che crede, e opera come crede, e parla come sente, e fa come parla, questo ”intransigente” della sua religione, è pure un modello che può insegnare qualcosa a tutti».

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