Ma dovrei votare?

Ho scritto varie volte che non avrei votato nelle prossime elezioni politiche. Fino al 2018 non ho fatto lo schizzinoso e ho accettato ogni porcata “perché sennò e peggio”, un ricatto politico bello e buono. Negli anni ho visto la parte politica che ho sostenuto e nella quale militavo stravolgere la scuola, stravolgere la sanità, votare riforme del lavoro contro il lavoro, fare strame della Costituzione e ogni volta che ho protestato sono arrivati bravi e onesti militanti con lo stomaco capace di digerire anche le pietre a dire “ehhh ma sennò arriva la destra” in un inarrestabile gioco al ribasso.

Dal 2018 ho scelto di passare all’astensione dato che non vedo alcuna utilità nel votare con una legge elettorale prevalentemente proporzionale a sbarramento irrisorio, liste bloccate e partiti totalmente inaffidabili, pronti a qualsiasi basso compromesso pur di rimanere al potere Non è un fatto polemico, semplicemente trovo sterile la concessione della delega totale e in bianco in favore di soggetti politici verso i quali non ripongo la minima stima o fiducia. E l’argomento “ma siamo i meno peggio” mi ha stancato, dato che anche il male minore è pur sempre un male…

La crisi cambia qualcosa? Solo in parte…

Sono pronto a votare un partito di stampo progressista che risponda alle seguenti condizioni:

1) ponga al centro del programma le questioni ambientali e i diritti in campo sociale ed economico;
2) non abbia sostenuto riforme strumentali o frivole della Costituzione, ma consideri la Carta del 1948 come imprescindibile punto di riferimento culturale e politico, non come impiccio da rimuovere o santino da abbellire;
3) selezioni i propri candidati in modo trasparente, privilegiando personalità del territorio con un trascorso politico coerente e capacità politiche all’altezza delle sfide (includendo ovviamente le candidate, in questo blog si usa il “maschile plurale come genere non marcato”, facendo prevalere l’eleganza della forma sul sovraeccitato Spirito del Tempo…).

Le tre condizioni sopra riportate escludono tutti i partiti in campo, nessuno escluso.

Vi è poi il voto per i collegi uninominali. Anche in questo caso il mio ritorno alle urne è subordinato a condizioni precise:

1) non voterò candidati espressione del M5S o in alleanza con esso;
2) non voterò candidati che non siano realmente in grado di rappresentare la nostra comunità, perché questo è lo spirito dei collegi uninominali. Quindi, per capirci, giochini alla Tommaso Cerno (candidato in Friuli, eletto a Milano, residente a Roma, transfuga in altri partiti alla prima difficoltà) lasciamoli da parte!

Concludendo: escluso un voto a liste di partito, qualche pallido spiraglio a un voto di coalizione. “Eh, ma se non voti viene la Meloni!”.

Pazienza. Come viene se ne va e pure in fretta. Tanto sono tutti leader di cartone, alla prima pioggia si squagliano.

Questa voce è stata pubblicata in Brontolamenti, borbottamenti e invettive, Cose di giornata, I giorni delle scelte, Popoli e politiche. Contrassegna il permalink.

2 risposte a Ma dovrei votare?

  1. nodders ha detto:

    Il ragionamento non fa una piega. Fa male, lo so. Mio nonno, fino alle ultime politiche, si e’ fatto portare a votare, anche sulla sedia a rotelle se necessario, e sa solo Iddio per chi votava, lui classe 1923, partigiano, anti-fascista, combattente, fiero socio dell’ANMIG (ma non dell’ANPI). Votava, mio nonno, anche se la politica (e soprattutto la classe politica) gli faceva schifo. Votava, mio nonno, anche se era consapevole che il suo voto (come la sua stessa pelle di soldato) erano ben poco considerati da coloro che lo ricevevano. Ma votava, mio nonno, perche’ in qualcosa bisogna pur credere. E la democrazia e’ troppo preziosa. E in onore alla sua memoria, io continuero’ ad esercitare il mio diritto al voto. Anche se va a finire che vince la Meloni. Anche se mi tocca votare per qualche impresentabile di turno. Amen. Passera’ anche questa.

  2. marckuck ha detto:

    Capisco benissimo Nodders e i tuoi dubbi sono anche i miei. Il voto è un diritto che non va preso sotto gamba, il suo esercizio deve essere sempre difeso e quindi non ho nulla da obiettare a quanto scrivi. Però c’è un aspetto che mi tormenta: votare significa legittimare, significa essere parte degli esiti. E io fatico a sentirmi di legittimare politiche ondivaghe di partiti emersi da una competizione articolata in liste bloccate. Che quindi non consente ne premi, ne punizioni. Vedremo cosa combinerò alla fine…

Lascia un commento